Quando Lei dice:
“La ragione è la facoltà di elaborazione dei dati sensibili (esterni e interni). Può essere definita come l'insieme di regole e procedure seguite dalla coscienza nell'esercizio dell'intelligenza.”
Lei sta prendendo in considerazione sé stesso e quanto di sé stesso considera ragione.
Solo che quel sé stesso, come insieme razionale, lei non lo incontra nelle scelte del paramecio, dell’ameba, del virus o del battere.
Un conto è la pulsione di vita o volontà d’esistenza e un altro conto sono le strategie di specie o di individuo in cui veicoliamo la volontà d’esistenza sia come specie che come singoli Esseri.
Il ragionamento può essere risolto affermando che, comunque la visione della vita del virus, del paramecio, dell’ameba o del battere, sono comunque delle ragioni soggettive. Questo pone vari problemi; innanzi tutto su che cos’è l’intelligenza e in secondo luogo abbattere l’onnipotenza della ragione umana per assimilarla a quella dei virus e dei batteri e nessuna ragione umana è disposta a fare un’operazione del genere.
Infatti, Lei stesso scrive della ragione:
La ragione è la facoltà di elaborazione dei dati sensibili (esterni e interni). Può essere definita come l'insieme di regole e procedure seguite dalla coscienza nell'esercizio dell'intelligenza. Essa crea una mappa del mondo utilizzando la quale dirige le azioni. Ma tra i dati a disposizione della ragione non ci sono solo quelli della mappa. La ragione (l'intelligenza) sa che la mappa è solo una mappa, cioè sa anche che la mappa si riferisce a qualcos'altro, e quindi sa che per acquisire nuove informazioni deve interrompere il filtraggio (che effettua normalmente per restringere l'ambito della sua elaborazione alle informazioni già elaborate e inserite nella mappa - che altro non è che un sistema di definizioni e relazioni) e lasciar entrare informazioni prive di relazioni riconosciute con quelle già inserite nella mappa (e che quindi la ragione non sa ancora dove mettere). In sostanza si tratta di destinare una certa quantità di risorse (memoria e capacità di elaborazione) a elementi non immediatamente relazionabili e quindi non inseribili nella mappa. Questo garantisce una continua evoluzione e un continuo adattamento, a patto che le nuove informazioni vengano poi elaborate e inserite della mappa, arricchendola in quantità e qualità d'informazione.
E questo dà addito ad altre difficoltà di ordine pratico. I cardinali che condannarono Galilei erano talmente terrorizzati da non poter mettere i loro occhi dietro al cannocchiale e verificare di persona quanto Galilei diceva. La ragione di quei cardinali era preclusa a dei fenomeni. E questo vale per tutta la nostra vita. Per esempio, quanti fenomeni provenienti dalla “materia oscura” o fenomeni dovuti a risposte di modificazioni ambientali dovute “all’antimateria”, la nostra ragione ignora? Eppure, anche se ignorati alla nostra ragione, il nostro corpo vi si adatta fin dalla nascita della vita su questo pianeta. Questi adattamenti, che appartengono alla vita, sono ignorati dalla ragione la quale dà delle spiegazioni solo a posteriori e spesso del tipo: lo ha voluto dio!
Per affermare quello che dice Lei è necessario essere convinti che l’intelligenza, attribuita alla ragione, sia un oggetto in sé. E’ necessario affermare il non-sense secondo cui l’intelligenza risolve il problema anziché descrivere il problema a soluzioni date. Le faccio un esempio. L’uomo costruisce navi e barche e risolve i problemi di galleggiamento. Ma non sa perché. Dà varie spiegazioni, tutte irrazionali però funzionali. Poi, arriva Archimede e dà la spiegazione razionale. Alla soluzione data, Archimede descrive qual è il problema risolto. Quel “eureka” di Archimede altro non è che l’euforia di un’illuminazione dovuta ad un’emozione che ha disarticolato la sua ragione e l’ha ricomposta includendo il principio di galleggiamento. La cultura assorbe, tutti noi dovremmo conoscere il principio di galleggiamento (dillo a quelli che venivano derisi perché costruirono la prima nave in ferro), ma solo Archimede fece l’atto divino di ampliare la sua ragione mediante l’emozione che modificava la descrizione razionale del mondo vissuto. I virus e i batteri sono bravissimi in tutto questo: hanno costruito anche il nostro corpo in risposta alla pulsione di vita che li spingeva ad elaborare le migliori condizioni per continuare a vivere. In più non hanno la necessità di trasformare la loro azione in principio razionale.
Quando Lei dice nello specifico “lasciar entrare informazioni prive di relazioni riconosciute con quelle già inserite nella mappa” Lei sta parlando di “illuminazione”. In sostanza sta parlando di quell’atto per cui la struttura emotiva dell’individuo, dopo un processo di tensione-carica si scarica destrutturando la ragione in essere nell’individuo e, nella fase di rilassamento dalla scarica emotiva, la ristruttura su un piano diverso inglobando nuovi fenomeni del mondo e adattando al nuovo la ragione (che, fra l’altro mette in atto strategie di recupero del suo stato precedente).
Quando Padre Zeus fece la sua Titanomachia, altro non fece che rivendicare il diritto di far nascere nuovi Dèi attraverso le strategie di vita della Natura mediante la forma e la quantità. Tuttavia, sia i Titani che i figli di Urano Stellato, sono strutture fondamentali con cui Zeus ha fatto germinare la vita della Natura. Zeus è la ragione, la forma e la quantità; ma i Titani sono le pulsioni della trasformazione della vita (della ragione stessa) e i figli di Urano Stellato sono le emozioni: cioè la vita in sé.
Non esiste un’evoluzione mediante la ragione. La ragione registra e giustifica atti dei quali non comprende il senso. Il senso appartiene alla vita e alle pulsioni di vita, la ragione tenta di giustificarle. Secondo un’indagine sociologica, nei supermercati le scelte dei clienti obbediscono a dei criteri assolutamente irrazionali; partono da scelte che emergono dalla psiche profonda che la ragione ignora. Poi, una volta che il cliente ha fatto la sua scelta, allora la ragione dà delle spiegazioni: che sono dei Giudizi di necessità.
Lei dice:
Non vedo motivo per contrapporre la ragione ad altre (spesso indefinite o vaghe) facoltà di apprendimento. La percezione ha anch'essa una “ragione”, una razionalità, che è diversa rispetto alla ragione associata alla coscienza ordinaria. La ragione in generale non è altro che ordinamento (attraverso relazioni) ed elaborazione dei dati ricevuti attraverso tutti i canali di comunicazione disponibili. La percezione deve essere il risultato di una forma di elaborazione (quindi opera di una forma di ragione) perchè i dati forniti sono già strutturati e in relazione tra loro senza un intervento cosciente. Ad esempio vedo un uomo e una donna che camminano abbracciati. Le immagini dei corpi, ben distinti tra loro e la relazione spaziale tra loro e con l'ambiente circostante sono già definiti a livello percettivo, ossia inconscio (dal punto di vista della coscienza ordinaria). La ragione “ordinaria” elabora poi questa percezione, associando, ad esempio, il pensiero “quei due stanno insieme”.
Mi sembra ovvio che se io affermo che la ragione è una capacità per descrivere il mondo, devono esistere altri strumenti attraverso i quali la vita è venuta in essere. Se io affermo che la ragione umana arriva sulla scena della storia dell’uomo in epoca recente ( a seconda degli elementi con cui la significhiamo andiamo più o meno indietro nel tempo, quando l’uomo aveva la forma di una scimmia o la forma di un piccolo topo o quella di un rettile: sempre uomini sono, perché sono i nostri antenati, ma le ragioni che hanno sono diverse), altre pulsioni dell’uomo devo attribuirle ad altri strumenti. Non posso fare la stupidaggine di Platone che divideva il corpo dall’anima. E non posso fare le stupidaggini di religioni orientali che dividono la materia dall’energia, se non come modello discorsivo.
Sono perfettamente d’accordo che le infinite percezioni extrasensoriali abbiamo una loro razionalità nel senso che appartengono alla vita dell’uomo anche se sono trascendenti alla descrizione della ragione. Ma è proprio questa la divisione che io opero: io so che esistono un alto numero di elaborazioni profonde dei fenomeni del mondo in ogni soggetto della Natura. So che esistono fenomeni sconosciuti e non considerati dalla ragione che vengono elaborati in parti più antiche del cervello. E so che queste elaborazioni (proprio per la Titanomachia di Zeus) sono separate dalla coscienza razionale. Sono elaborazioni di percezioni proprie dell’uomo, ma trascendenti alla ragione.
Fermare la ragione per permettere a queste elaborazioni di emergere nella coscienza, è proprio dell’attività dello Stregone.
Nell’uomo qualunque queste si presentano sotto forma di illuminazioni; di intuizioni; di scelte irrazionali; qualche volta emergono in presenza di un grande pericolo davanti al quale la ragione perde il controllo della coscienza.
Costruire delle associazioni di idee nate dall’esperienza è una cosa abbastanza banale anche perché tutto sommato, le associazioni di idee nascono da preconcetti. Infatti nel suo esempio ignora l’altro aspetto proprio della ragione: se io voglio indurre in Lei il pensiero che “stiamo insieme” ci è sufficiente prendere una postura fisica e la sua ragione è ingannata. La ragione descrive il mondo, non lo vive e nemmeno lo penetra. Gli attori lo fanno normalmente. Gli inganni sono propri della ragione: è la ragione che presume. Non l’apparato emotivo. Proprio perché la ragione è una capacità descrittiva il giudizio che emerge dalla descrizione è un giudizio sempre fallace, non per questo non è necessario.
La ragione presume che l’attacco epilettico sia dovuto al demonio. Questa verità non viene messa in discussione. Solo la ricerca scientifica, il metodo induttivo, contrapposto al metodo deduttivo, apre le porte a soluzioni diverse dopo che le emozioni delle persone dicono che bruciare vive le persone accusandole di essere delle indemoniate è un atto criminale: lo ordinava il dio dei cristiani, la verità!
Quando Lei dice:
Quanto sopra lascia intendere una concezione del giudizio che, pur essendo quella più diffusa e appartenente al senso comune, considero falsa e deviante. Il giudizio, se vogliamo essere seri, non può mai essere “vero o falso”, “bianco o nero”. Se, una volta che ho deciso che una cosa è “vera”, mi comporto come chi ha la certezza che le cose stanno in quel modo, non sto esercitando la ragione. Perchè la certezza è estranea alla ragione, che invece è cosciente della provvisorietà e dell'incompletezza di ogni rappresentazione.
Il giudizio è sempre falso in quanto obbedisce a me, alla mia esperienza, alla descrizione che ne ho del mondo e alle idee preconcette che ho sul mondo. Non è falso nel senso che mi imbroglia, ma è falso nel senso che non è una verità in quanto è prodotto da fattori che la mia percezione isola da un contesto immenso.
E qui nasce un problema. Io non mi comporto in base al mio giudizio, ma mi comporto in base al mio intento. Non mi comporto in base ad un passato in cui il giudizio è emesso, ma mi comporto in funzione di un futuro possibile in cui il giudizio risponde ad una relazione contingente che mi ha obbligato ad emetterlo, ma del quale facevo tranquillamente a meno. Io vengo costretto ad emettere un giudizio, ma non ho bisogno di emettere un giudizio per affrontare la vita verità dopo verità (meglio Estia dopo Estia).
La ragione è fatta di certezze: tutti sono assolutamente certi che il Sole gira attorno alla terra. E uccidono per certificare questa certezza. Tutti sono assolutamente certi che il demonio si impossessa delle persone: e mettono sul rogo le persone, tanto sono certi della verità cui sono portatori. La ragione è certezza. Assolutezza. La scienza, con le sue scoperte, distrugge la certezza della ragione e la ricostruisce con una diversa conoscenza che diventa, in quel momento, una nuova certezza. La donna è un vaso in cui l’uomo mette il seme. E’ una certezza che condiziona la società. La donna contribuisce per il 50% al patrimonio genetico del nascituro: un’altra certezza che modifica la certezza precedente. L’ovulo sceglie lo spermatozoo più confacente e si apre a quello e solo a quello: è un’altra certezza!
Ognuno di queste certezze diventa verità apriori della ragione.
La ragione procede per certezze: dio ha creato il mondo! E’ una certezza sottoscritta da ogni ragione che considera sé stessa il dio creatore del mondo.