giovedì 17 marzo 2011

L'uso dello stress per modificare il proprio stato psico-emotivo sulla via alla consapevolezza esistenziale


Se c’era qualche dubbio sul fatto che il Crogiolo dello Stregone funzionasse meglio di ogni altra pratica di vita occidentale e orientale, questa ricerca sugli stili di vita durata 90 anni l’ha definitivamente spazzata via.
Lo stress come momento di accumulo di tensioni in cui avviene la preparazione strategica dell’individuo che ne permette la scarica delle tensioni e il successivo rilassamento con un guadagno all’interno della sua struttura psico-emotiva, fa parte dei meccanismi di trasformazione dell’individuo. Lo stress diventa distruttivo quando non viene scaricato e per scaricato non si intende lo scoppio di rabbia o uno “sfogo” emotivo, ma si intende la possibilità di veicolare nel mondo e nella società la qualità delle tensioni accumulate liberando l’energia psichica compressa. Quando ciò non è possibile, lo stress accumulato viene “scaricato internamente”, modifica la percezione del mondo dell’individuo e l’individuo risolve la situazione di tensione accumulata attraverso una trasformazione della propria descrizione del mondo, del suo modo di percepire il mondo e di rispondere alle sollecitazioni del mondo.
La capacità dello stress di modificare l’individuo o di alimentare linearmente la conoscenza e la consapevolezza dell’individuo, dipende dalle situazioni oggettive in cui l’individuo agisce e dalla conoscenza dei meccanismi oggettivi a cui l’individuo si è adattato fagocitandoli.
Il Crogiolo dello Stregone tende a portare l’individuo a vivere situazioni stressanti proprio per poter modificare la sua struttura emotiva e rimuovere quei condizionamenti emotivi che, imposti nella primissima infanzia, gli impediscono, costruendo barriere morali o potenziali sensi di colpa, di affrontare in maniera adeguata la sua esistenza.
Le persone stressate hanno una vita di sofferenza solo se le condizioni oggettive impediscono loro di usare lo stress. Lo stress diventa padrone delle persone. Si trasforma in angoscia e costringe la persona ad adattarsi in uno stato psichico di depressione nel quale la persona si rifugia alimentando un processi di autodistruzione. Dalla situazione di depressione se ne esce solo ristrutturando la propria vita e solo se le condizioni oggettive sono costituite da un ambiente affettivo che reagisce alla depressione del soggetto proponendo forme attive (pensiero astratto, impegno sociale, relazioni interpersonali, ecc.) che sollecitano costantemente il depresso ad un confronto attivo.
Una ricerca sociale durata 90 anni e iniziata da Lewis Terman ha individuato tutta una serie di elementi che sottolineano come l’uso dello stress e l’uscita da situazioni stressanti sia un meccanismo per alimentare la propria esistenza. Vivere cercando la felicità e il benessere implica sfide nella quotidianità che, una volta superate, ristrutturano continuamente il fisico e la psiche della persona.
Riporto l’articolo:


LA RICERCA
Contrordine, lo stress fa bene
smontati i falsi miti sulla longevità
I risultati di una mega-ricerca Usa durata 90 anni: 1.500 bambini seguiti dalla culla alla morte. Dallo sport al lavoro, le sorprendenti scoperte su stili di vita e salute
dal nostro inviato ANGELO AQUARO

NEW YORK - Stressati di tutto il mondo rilassatevi. Non è vero che vivere sempre in tensione accorcia la vita. Anzi. La ricerca continua della condizione migliore - a costo appunto dello stress - è un toccasana per la salute. Sì, il più completo studio mai eseguito sulla longevità fa piazza pulita dei luoghi comuni sull'elisir di lunga vita. Cancellando quello slogan diventato il simbolo del vivere serenamente: "Take it Easy" - non te la prendere. E chissà come la prenderanno, adesso, i profeti del sorriso a tutti i costi. Quelli che accontentati perché altrimenti la salute. Quelli che prendi moglie o marito e vedrai che passa. Quelli che a mio figlio lo mando a scuola un anno prima così parte in vantaggio - quando invece qui si dimostra che i bambini condannati alla "primina" sono stressati nella maniera peggiore: troppe aspettative da piccoli.

Per carità. "The Longevity Project" non è l'elogio della vita spericolata. Piuttosto la conclusione che solo un valore al di sopra degli altri ci può portare a vivere meglio: e si chiama consapevolezza. Sono le persone coscienziose quelle vivono più a lungo. Il motivo? La ricerca firmata da Howard S. Friedman e Leslie Martin è il punto di arrivo di uno studio cominciato nel 1921 da un mago della psicologia: Lewis Terman. Che nella sua Stanford University si lanciò un secolo fa nel suo progetto più ambizioso: inseguire appunto il segreto della lunga vita esaminando le risposte di 1500 americani seguiti dalla scuola alla bara. "Le tradizionali ricette che vengono date a chi vuole migliorare la propria salute (relax, mangiare più vegetali, perdere peso, sposarsi) sono certamente funzionali per qualcuno ma non funzionano e sono economicamente controproducenti per altri", scrivono oggi i due ricercatori che hanno raccolto la staffetta in "The Longevity Project".

Smontando uno dopo l'altro 12 falsi miti. Compreso quello attribuito al grande Woody Allen: "Se vuoi vivere come un centenario rinuncia a tutte le cose che ti fanno voler vivere fino a cent'anni".
Prendete, per esempio, il matrimonio. Avere matrimoni stabili è indice di longevità. Ma quando la vita di coppia è una prigione le donne che divorziano vivono meglio e più a lungo degli uomini (che invece soffrono la separazione). Non solo. Lo studio dimostrerebbe che l'addio dei genitori espone fatalmente i bambini a una vita meno lunga. Ma allora qual è questo elisir di lunga vita?
È una questione di misura: inutile dannarvi nello jogging e nello sport se poi vi rovinate la vita per starci dietro. Ma se una passeggiata con gli amici vi rilassa vale più di cento flessioni al giorno. "Ci sono tre ragioni perché la gente più coscienziosa vive più a lungo" scrivono i due studiosi. "La prima e più ovvia è che fa più cose per proteggersi: non fuma, beve meno, in auto non corre. La seconda è che sembra biologicamente predisposta ad avere questo tratto della personalità: e a essere quindi più sana. Ma la terza è la più intrigante". E cioè? "I più coscienziosi si trovano sempre in situazioni e relazioni sociali più sane".

Eccolo qui: è il "social health" - Il valore sociale della salute. I più coscienziosi sono quelli che hanno modo di trovare i matrimoni migliori. Le amicizie migliori. Perfino gli ambienti di lavoro più sani. Magari senza quel collega che a ogni lavata di capo del boss vi fa uscire ancora più dai gangheri: "Non te la prendere - Take it easy...".
(14 marzo 2011)

Tratto da:
http://www.repubblica.it/cronaca/2011/03/14/news/stress_fa_bene-13576750/


La libertà del nostro essere nel mondo e nella vita implica la capacità di usare gli strumenti sociali con cui veicolare noi stessi. Se non si è in grado di rompere le gabbie in cui la società intende circoscrivere le nostre azioni e le nostre iniziative nella ricerca di felicità e benessere, siamo pronti per ammalarci.
Vivere gli stress significa vivere le contraddizioni della vita superandole con il nostro apparato emotivo. Per questo motivo ogni volta che ci liberiamo di gabbie sociali, come le donne che rompono i rapporti familiari, non facciamo altro che allungarci la vita. In fondo, che cos’è la sofferenza della donna in quel frangente se non una situazione di stress da rompere veicolando la propria libertà nella società? Gli uomini soffrono la separazione perché imporre sofferenza era il loro piacere ed è dopo la separazione che vivono una situazione di stress che se non risolvono li porta a stati depressivi. Il Crogiolo dello Stregone è la possibilità attuale per gli Esseri Umani di affrontare con dignità la loro esistenza.


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17 marzo 2011
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell’Anticristo
P.le Parmesan, 8
30175 – Marghera Venezia
Tel. 3277862784
e-mail claudiosimeoni@libero.it

sabato 5 marzo 2011

Grotta di Fumane: l'uomo di Neandertal un antenato dei Veneti. Non so quanto dal punto di vista biologico, ma sicuramente culturale.


Perché ci interessa la ricerca scientifica?
Perché la ricerca scientifica, con le sue elaborazioni, può confermare o smentire le ipotesi che noi facciamo sul mondo e sulla vita, sull’intelligenza e sull’abitare religioso dell’uomo nel mondo.
Davanti ai cristiani che hanno sempre sostenuto che la creazione del mondo era avvenuta qualche migliaio d’anni prima del loro cristo e che il ritrovamento di fossili marini sui monti dimostrava il diluvio universale legittimando con questo l’odio sociale del loro dio padrone, la ricerca scientifica smonta la superstizione dei cristiani dimostrandone la volgarità, la superficialità e l’infantilismo criminale della loro religione.

Come concorre l’uomo di Neandertal nella formazione della cultura che ancor oggi noi costruiamo?
Non è una domanda da poco perché, anche se noi non abbiamo coscienza di ciò che è avvenuto nel passato, il passato è tutto dentro di noi ed agisce per condizionare ed indirizzare le nostre stesse scelte.
I risultati di questa ricerca e le relative deduzioni, al di là delle possibili future rettifiche, dimostrano come la costruzione dei nostri input culturali siano molto antichi e se noi volessimo riferirci al “culto dei nostri antenati” dovremmo andare talmente indietro nel tempo da perderci in una nebbia razionale per entrare nella consapevolezza emotiva. Quella consapevolezza che, sorretta dall’empatia dei nostri legami col mondo e con la vita, ci dice che tutti gli Esseri della Natura sono portatori di intelligenza, progetto e scopo, di cui noi siamo parte.

Mentre l’ideologia cristiana, e la cultura che tale ideologia impone, separa l’uomo dalla Natura e dal divenuto delle sue trasformazioni in nome di un illusorio creazionismo, la ricerca scientifica ci dimostra che ogni Essere Umano è parte di un tutto, sia spaziale che temporale, nel quale è divenuto e nel quale costruisce le sue strategie d’esistenza: la Natura!
Riporto l’articolo sulle scoperte nella grotta di Fumane nel veronese e le deduzioni di alcuni archeologi:

Grotta di Fumane, Neandertal e le penne ornamentali
25 febbraio 2011

L’Università di Ferrara, la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, la Regione del Veneto – Dipartimento Cultura, la Comunità Montana della Lessinia – Parco Naturale Regionale della Lessinia, il Comune di Fumane e il Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini”, hanno il piacere di presentare una scoperta archeologica di straordinario interesse per la studio dell’Uomo di neandertal (Homo neanderthalensis ) e, in generale, per l’evoluzione umana, emersa in seguito a uno studio condotto su resti ossei di varie specie di uccelli (avvoltoi, aquila, falco cuculo, gracchio alpino, ecc.) provenienti da uno strato risalente a 44mila anni fa a Grotta di Fumane (Monti Lessini, Verona). I risultati aprono un nuovo scenario sul comportamento degli ultimi neandertaliani, dimostrando come questi nostri cugini scomparsi dall’Europa poche migliaia di anni dopo, si servissero delle ali o delle penne più spettacolari a fini ornamentali. Grazie al perfetto stato di conservazione delle ossa, è stato possibile analizzare questi reperti con moderne tecniche microscopiche e riconoscere tracce di tagli effettuati con strumenti in pietra, finalizzati al recupero delle ali e delle penne remiganti più vistose.

Oltre a retrodatare di decine di migliaia di anni questa pratica nella storia evolutiva umana (sinora considerata appannaggio di società più complesse, riconducibili esclusivamente ad Homo sapiens anatomicamente moderno), l’evidenza rafforza precedenti ipotesi che suggerivano un uso a fini simbolici e/o ornamentali di coloranti minerali da parte di Homo neanderthalensis per dipingersi il corpo.

L’ipotesi che i neandertaliani possedessero o meno delle capacità di espressione simbolica è stato uno dei più accesi dibattiti nella comunità scientifica archeologica e antropologica negli ultimi anni. La scoperta che si presenta rafforza l’opinione di quanti pensano che Neandertal avesse comportamenti astratti molto simili a quelli del contemporaneo H. sapiens anatomicamente moderno, e contribuisce a modificare l’immagine di “bruti” che per oltre cento anni ha ingiustamente accompagnato, nella letteratura scientifica e non, questo nostro stretto parente.

L’eccezionalità della scoperta è tale che per garantirne una diffusione a livello scientifico mondiale sarà pubblicata, nei prossimi giorni, nella prestigiosa rivista multidisciplinare Proceedings of the National Academy of Science (PNAS), Washington, USA.

Finanziato da Regione del Veneto, Comunità Montana della Lessinia, Comune di Fumane, Fondazione Cariverona e Roberto Gardina & C. s.a.s., lo studio è stato condotto dal Dipartimento di Biologia ed Evoluzione dell’Università di Ferrara (M.Peresani & M.Romandini) e dalla Sezione di Paleontologia del Quaternario e Archeozoologia del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” (A. Tagliacozzo, I.Fiore, M.Gala).


Tratto da:
http://www.veramente.org/wp/?p=4212


Da quando Lorenz ci dimostrò che gli Esseri Animali sono profondamente intelligenti e da quando si è diventati consapevoli che ogni specie animale, come quella umana è divenuta dal primo brodo primordiale all’inizio della vita sul pianeta, l’ottica con cui gli uomini guardano al mondo non è cambiata di molto.
Perché?
Perché non cambiare il punto di vista rispetto all’idea creazionista e diocentrica del cristianesimo?
Perché, per quanti sforzi faccia la cultura, i cristiani gestiscono la violenza sull’infanzia alimentando l’idea emotiva di egocentrismo che identifica l’individuo col dio padrone anziché trasmettere ai bambini l’idea di essere parte di un tutto nel quale devono imparare ad organizzare la nostra vita.
La scienza scopre, ma con grande difficoltà quelle scoperte vengono trasformate nella cultura popolare con cui affrontare il mondo e la vita.
E’ l’odio cristiano per l’uomo. Un uomo costretto in ginocchio davanti ad un dio padrone e illuso di essere creato a sua immagine e somiglianza: nell’illusione, milioni di bambini perderanno la loro vita incapaci di organizzare sé stessi nella loro esistenza.


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05 marzo 2011
Claudio Simeoni
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