lunedì 16 febbraio 2009

L'invidia come pulsione di vita e di trasformazione soggettiva

Il dolore psichico o l’emozione felice, sono le forze della trasformazione soggettiva.
Nella sezione cingolata del cervello si esprime la tensione psichica che tende alla giustizia. Il dolore fisico è inesistente o relativo se non è accompagnato dal dolore psichico. Il dolore del vissuto soggettivo come negazione di apertura dell’individuo al piacere. E’ il dolore della chiusura verso il futuro che attiva il desiderio di annientare chi, invece, non prova questo dolore. Chi ha le possibilità di essere felice, in una società in cui l’essere felice implica l’infelicità di altri, attiva necessariamente quella competizione di ricerca di “giustizia” nel desiderio dei mali per chi vede negarsi la propria possibilità di felicità.
L’altro no è “migliore di me”, ha avuto un vissuto e ha praticato delle scelte che lo hanno messo in una situazione favorevole, scelte che io non ho fatto e trasformazioni che io non ho fatto o non ho potuto fare. Oggi, proprio per quelle scelte, mi sono negate delle possibilità di felicità che, altre e diverse scelte, ad altri, hanno aperto.
Il mio “credevo che” è l’ingiustizia che mi è stata fatta. Un’ingiustizia che spinge la nascita del dolore psichico che rappresento nell’oggettività sotto forma di rivalsa: sotto forma di ricerca di giustizia. Sta a me veicolare quella ricerca di giustizia sulle cause che mi hanno negato l’apertura verso il futuro o su che quell’apertura l’ha ottenuta. Sta a me veicolare la mia pulsione in situazioni economicamente favorevoli o autodistruttive nel “crepi Sansone con tutti i filistei!”.
La ricerca di laboratorio cerca delle risposte, ma partendo da dati culturali che non mette, almeno nella descrizione di questo articolo, in discussione il contesto culturale in cui la pulsione dell’ “invidia” si manifesta, né analizza il carattere di manifestazione dell’ “invidia” dando, di fatto, una connotazione scientifica ad un oggetto che è solo una manifestazione culturale di una condizione di un soggetto: cambiata la cultura, cambia anche la veicolazione della pulsione.

LA RICERCA
"L'invidia? Come un dolore fisicola sfortuna degli altri un piacere"

La scoperta di un team di ricercatori giapponesi. La risonanza magnetica mostra che le emozioni negative attivano nel cervello le aree associate alle sensazioni fisiche


PROVARE invidia è come sentire dolore fisico. Quell'emozione meschina e negativa che ci spinge a desiderare il male per gli altri e a sminuirli per non ammettere che sono migliori di noi è l'equivalente della slogatura di una caviglia o della bruciatura di un dito. Per il nostro cervello le due cose non sono affatto diverse: a rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Science e condotto dall'equipe di Hidehiko Takahashi dell'Istituto Nazionale di Scienze Radiologiche di Inage-ku, in Giappone. Non basta: i ricercatori hanno anche scoperto che il dolore altrui provoca autentico piacere nell'invidioso, la stessa sensazione di appagamento che lasciano il cioccolato e il sesso. La prova è arrivata dalla risonanza magnetica. Il team di Takahashi ha "fotografato" il cervello di 19 uomini e donne e analizzato a livello neuronale le reazioni all'invidia e alla "Schadenfreude", che in tedesco indica proprio il piacere che deriva dalle sventure degli altri. Il risultato nel primo caso è stato un aumento dell'attività nella corteccia cingolata anteriore dorsale, la stessa area che "si accende" quando ci si fa del male fisico. Nel secondo caso, invece, a essere più attivo è lo striato ventrale, che si associa all'appagamento. E' il tipo di benessere che il corpo sperimenta dopo aver mangiato cioccolato, aver fatto sport o sesso oppure aver assunto droghe. La scoperta mostra per la prima volta che il cervello elabora nello stesso modo il vissuto sociale e le sensazioni fisiche, siano esse di dolore o di piacere. "L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente", diceva il filosofo e matematico gallese Bertrand Russell. Ora sappiamo che, in questo caso, l'infelicità non è una astratta sofferenza dell'anima, ma un dolore concreto e pungente.
(12 febbraio 2009)

Tratto da:
http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scienze/immagini-cervello/invidia-dolore/invidia-dolore.html


Le forze psichiche, comunque la cultura le tratta, sono forze di trasformazione soggettiva che vengono veicolate in maniera diversa a seconda dei contesti culturali.
La cultura, in questo caso la cultura religiosa, costringe le persone, attraverso la fede, ad accogliere come elementi reali e oggettive pure astrazioni culturali. Questa cecità imposta dalla fede impedisce alle persone di cogliere l’immenso delle possibilità che la pulsione che si esprime in loro può ottenere.
Così, in molte persone, viene repressa la pulsione dell’invidia come fosse una pulsione demoniaca. Le persone soffrono per la repressione che impongno a sé stesse e soffrono per la pulsione che non può esprimersi. Le persone si negano il futuro che la pulsione indica qualora la veicolassero nella ricerca del piacere e della felicità. Non sempre le persone sono attrezzate per spostare le proprie pulsioni dall’oggetto apparente che le attiva alle cause del bisogno pulsionale, ma non esiste altra soluzione.
L’alternativa è la malattia psichica come impossibilità di esprimere sé stessi.
16 febbraio 2009
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell’Anticristo
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