Si considera un insieme di persone che si incontrano su Facebook con degli interessi comuni e si analizza la dinamica dei messaggi in relazione agli interessi del gruppo e si studia come intervenire..
La dinamica dei messaggi, le cascate di risposte, i “mi piace”, rappresentano segnali di un insieme emotivo che viene analizzato nelle espressioni dei bisogni soggettivi.
Ad esempio, gli appassionati di vino fanno i loro gruppi su Facebook esprimendo pareri sul vino, i vari vini, gli abboccati e le loro preferenze.
Un venditore di vino ne analizza i messaggi e mette insieme le caratteristiche che deve aver un vino per essere un vino di successo in quello ambiente che assume a campione della sua sperimentazione. Un gruppo numeroso su Facebook che superi i 500 iscritti è un gruppo significativo su cui testare qualunque tipo di vino e, per estensione, qualsiasi prodotto commerciale. Inoltre, lo stesso metodo è usato non solo per i prodotti commerciali, ma ogni oggetto, attorno al quale si forma un gruppo di opinioni. Ogni interesse attorno a cui si forma un gruppo è trattato come un prodotto: da una posizione politica ad una posizione religiosa che si sviluppano attraverso opinioni anche, e soprattutto, conflittuali. La conflittualità ha il privilegio di costringere i contendenti a mettere in campo tutte le loro opinioni per poter prevalere nei confronti di un avversario di opinioni opposte. Questo permette all’analista di accedere ad un grande bagaglio di espressioni verbali che veicolano tensioni emotive. Dati reali sui quali costruire progetti di intervento sul gruppo stesso.
Le tradizionali analisi statistiche non sono efficaci. Il gruppo di Facebook fornisce dati utilizzabili dalla statistica ben più omogenei. Il gruppo si forma attorno ad un’idea o ad un oggetto, sia per appoggiarla che per combatterla. Mentre la tradizionale raccolta dati di un’analisi statistica si basa su un campione di persone rappresentativo della popolazione e le opinioni di quelle persone sono risposte a domande, ma non esprimono né conflittualità né interesse soggettivo per l’oggetto della statistica al punto tale da poter mascherare opinioni o desideri in quanto la persona intervistata vuole mostrare sempre il meglio di sé anche quando le sue opinioni, nella realtà delle sue scelte più o meno immediate, rispondono a pulsioni e desideri dei quali si vergogna, nel gruppo i Facebook le risposte sono sempre legate all’oggetto del discutere o mirate ad aggredire chi discute dell’oggetto o per come ne discute.
Nel gruppo su Facebook la persona si maschera, ma non si maschera la sua opinione. Inizialmente Facebook vietava nomi falsi o di fantasia, ma poi ha rilevato che gli conveniva permettere alle persone di usare nomi falsi e di fantasia perché l’interesse di Facebook non stava nel nome, ma nell’opinione e l’opinione era tanto più significativa quanto più l’individuo poteva, nell’esprimerla, proteggere la propria identità. Almeno rispetto al suo interlocutore.
Facebook è diventata un’organizzazione per rubare le opinioni: sulle opinioni si confezionano prodotti da imporre o idee da imporre.
E’ sufficiente l’analisi del gruppo e delle sue opinioni attorno ad un oggetto, dopo di che si confeziona un oggetto che porti le persone nella direzione voluta e lo si confeziona prendendo spunto dalle opinioni più importanti, vincenti o guida, del gruppo stesso.
Vale per un vino che da troppo pastoso diventa semifrizzante (o viceversa) si tratta delle opinioni di un gruppo che da radicali diventano moderati al fine di aggregare persone attorno ad un’idea o ad un progetto personale fatto passare per un’idea.
L’analisi dei messaggi in Facebook permette alle aziende, partiti politici, gruppi di opinioni e quant’altro, di strutturare la propria maschera per ingannare e creare consenso.
Questo lo avevo già evidenziato nella mia esperienza. Fai un gruppo e improvvisamente appaiono persone che diffamano, offendono e creano delle “idee” o “millantano delle idee” che hanno lo scopo di creare un consenso, quasi sempre un consenso all’interno di vasi vuoti, proprio per impedire alle persone che frequentano Facebook di formulare delle idee o di mettere in moto il loro senso critico.
Mi ero spesso chiesto qual era il criterio con cui Facebook aggrediva le persone sospendendogli l’account e accusandole in spregio alle più elementari norme sociali.
L’azione non è dettata da norme sociali o di “giustizia” come noi le pensiamo, ma dagli interessi di controllo sociale delle persone.
L’interesse di Facebook è quello di “rubare le opinioni” e per farlo deve allontanare da Facebook chiunque innesti nei gruppi il senso critico che, mettendo in allarme l’attenzione dei frequentatori di Facebook, di fatto, altera l’opinione e rende inutilizzabili tutta una serie di messaggi. Un po’ come nel lavoro di statistica che si eliminano quelle percentuali estreme per costruire una madia.
La cosa era studiata già da tempo dalle università:
MARKETING
Così le aziende inseguonole tribù dei social network
Si chiama "netnografia" la nuova disciplina che studia gli utenti Facebook e Twitter con gli strumenti dell'antropologia. Individuando dinamiche e opinion leader del popolo web, i grandi marchi conquistano nuovi clienti
di PAOLO PONTONIERE
CAPIRE i gusti delle tribù del web, domandarsi come si orientano i clan dei social network, chi sono i suoi opinion leader e quali sono gli argomenti che usano per far prevalere il loro punto di vista. In una parola, comprendere come si sviluppa un'idea forte nell'era dell'internet. Può essere un mero esercizio intellettuale, oppure una mossa per fare un sacco di quattrini. Un esempio? La Campbell Soup, l'azienda produttrice di cibi in scatola resa famosa da Andy Warhol con 32 dipinti negli anni Sessanta: utilizzando una intelligente strategia internet, la ditta statunitense è riuscita a rendere i suoi prodotti popolari tra i giovani, un segmento del mercato nel quale non era riuscita a sfondare utilizzando le tecniche del marketing tradizionale, e a spingere il suo fatturato oltre la soglia degli 8 miliardi di dollari l'anno. Il suo segreto? La Netnografia, ovvero l'arte dell'applicazione degli strumenti tradizionali dell'antropologia culturale e dell'etnografia nell'analisi delle interazioni che avvengono sul web.
"Dall'avvento del commercio elettronico e degli acquisti online avevamo perso terreno", afferma Ciara O'Connell, una dirigente della casa statunitense. "Nel passato molti dei nostri clienti facevano riferimento alle nostre ricette per preparare la cena, ma con il popolo dei social network questo non avveniva più". Così i netnografi della Campbell hanno cominciato a studiare perché la gente si scambia le ricette, come, quando, chi orienta il gusto. "Le tecniche del marketing tradizionale non riuscivano a varcare nemmeno la soglia dei social network", ha aggiunto la O'Connell. "La netnografia al contrario ci ha dato la possibilità di studiare le interazioni che hanno luogo tra i consumatori in maniera diretta. Ci ha dato la possibilità di incanalare le esigenze dei nostri clienti in maniera vera ed emozionale".
Le analisi dei netnografi sono state così utilizzate per creare un sito web che in poco più di un mese è passato da 120 mila ad oltre 1 milione di visitatori mensili. Ad attrarli sono applicazioni come "Tips for busy cooks" (suggerimenti per cuochi indaffarati), "Portion Control", (il sorvegliante delle porzioni) e "Search by mood" (cerca ricette in base al tuo stato d'animo). La Campbell ha scoperto che i consumatori hanno un debole per lo scambio di suggerimenti su come usare le sue salse, come accoppiarle con formaggi e grissini e come combinarle con i prodotti di altre aziende.
E quello della Campbell non è un caso isolato. Ad usare la netnografia ci si sono messe anche la Coca-Cola, la American Express, la Adidas, la Bmw, la Swarovski e la Beiersdorf, per citare solo alcune delle maggiori aziende.
La Adidas, per esempio, ha usato la netnografia per studiare le abitudini dei collezionisti dei suoi modelli, riuscendo a creare nuove scarpe di successo. La Listerine, un'azienda statunitense che produce collutori per l'igiene orale, ha scoperto che molti utenti associano il colore dei suoi sciroppi con gli alieni e che altri trovano che il loro odore gli ricordi le case dei nonni. Uno studio delle parole usate dai clienti di Starbuck e di Pete's Coffee - le principali catene di caffè statunitensi - ha inoltre rilevato che questi tendono a sviluppare un proprio gergo, quasi che se si trattasse del linguaggio d'un paese straniero. Adesso le due aziende usano questo particolare vocabolario per stabilire un legame emotivo con i loro clienti abituali e per attrarre quelli della concorrenza. La Matchstick canadese, una delle maggiori distributrici di telefonini del paese, ha infine scoperto che alcuni blogger sono in grado di condizionare profondamente il discorso relativo ad un prodotto persuadendo altri ad adottare il loro punto di vista.
Sul fronte della netnografia non operano solo le grandi aziende, ma anche le più importanti istituzioni scientifiche. Gli antropologi dell'universo binario vengono da istituzioni come il Mit di Cambridge, la York University of Toronto e la Stanford University di Palo Alto. Alla York University, in particolare, insegna Robert V. Kozinets, ritenuto il padre della nuova disciplina e creatore della stessa parola "netnografia".
Dalla Stanford University, invece, è uscita probabilmente una delle creazioni più divertenti in materia: applicando i principi della netnografia alla tecnologia led, un gruppo di studenti è riuscito a creare una "World Mood Light", un cubo luminoso che muta colore a seconda dei sentimenti espressi dai post degli utenti di Twitter in tutto il mondo. La World Mood Light 1 cambia colore ed intensità a seconda dell'umore dei messaggi pubblicati sul social network. Più sono numerosi ed emotivi, più intensi diventano i colori: rosso per la rabbia, giallo per la felicità, blu per la tristezza, bianco per la rabbia, e così via.
Tra tutti i social network Twitter sembra essere emerso come il luogo prediletto dai netnografi per far galoppare la fantasia, perseguendo obiettivi che spaziano dalle inchieste commerciali a quelle di carattere investigativo e politico. Le varie applicazioni - Summarize, Tweetscan, Hashtags, Twitterverse, Tweetstats, Twittercensus e Xvision - seguono tutte l'evolversi del gusto e del pensiero degli utenti Twitter sulle maggiori questioni del momento. Diventando così anche strumento di analisi politica e giornalistica.
"La netnografia è stata tradizionalmente usata dai mareketers per creare fenomeni commerciali", afferma Mirco Mannucci, fondatore della Holomathics e creatore di Tweeteretica, uno di questi software. "Noi la applichiamo alla politica, all'analisi e all'inchiesta giornalistica, cercando di localizzarla quanto più possibile e di comprendere le sue relazioni con gli altri discorsi che si svolgono in rete e il suo livello di influenza". E così, mescolando la politica con il marketing e la matematica, e l'analisi comportamentale con internet, la netnografia sta gradualmente diventando la chiave di volta attraverso cui le aziende, i politici e i media riescono a decifrare e condizionare gli umori di una cittadinanza i cui interessi si posizionano sempre più spesso all'incrocio tra società reali e popolazioni che vivono in mondi intangibili.
(02 novembre 2010)
Tratto da:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/11/02/news/netnografia-9645149/?ref=HRERO-1
Gli esperimenti radunando il popolo virtuale sono portati avanti da oltre 10 anni con i gruppi NG e con gli E-Groups, ma solo Facebook è riuscito a costruire una partecipazione attiva all’interno di un’illusoria libertà che Facebook sta alimentando nell’illusione eliminando i profili di tutte le menti critiche iscritte.
Tutti possono fare quello che vogliono, meno “tizio”, “caio” e “sempronio”, che vengono cancellati perché disturbano la raccolta dati.
A chi interessa se “caio” viene cancellato? Avrà fatto sicuramente qualche cosa di riprovevole: il padrone ha sempre ragione! Più semplicemente introduceva il concetto di critica. Mi ricorda Wikileaks. Wikileaks non fa nulla di male: svela ciò che qualcuno vorrebbe tener segreto. Non tanto perché la cosa è segreta, ma per non dare “pezze d’appoggio” a ciò che tutti sanno. Wikileaks è come il bambino che urla: “Il re è nudo!”. Al contrario, Facebook elabora gli inganni partendo dall’analisi delle predilezioni dei gruppi, sia quando si parla di un vino, di un formaggio, di idee politiche, sociali o religiose. Tutto diventa un prodotto da trattare attraverso l’analisi dei bisogni e dei desideri e tutto può essere, all’occorrenza, controllato o falsificato.
Il gruppo “Spostare il Vaticano in Groenlandia” è stato cancellato perché Facebook non riteneva opportuno dare voce a chi vive con sofferenza le attività criminali del Vaticano in Italia: le idee di quel gruppo non erano controllabili, non erano economicamente sfruttabili, l’analisi sociologica dei frequentatori ha dimostrato che erano portatrici di un livello di critica talmente elevato che Facebook non poteva controllare le idee dei frequentatori di quel gruppo.
Allo scopo esistono in Facebook torme di devastatori per le idee che non devono girare o che non devono aggregare. Sono i “devastatori” che, favoriti da Facebook, impediscono a chi frequenta l’ambiente di discutere e seminare. In questo, sicuramente il fondatore di Facebook trova molte affinità con Bush.
Qualunque cosa scrivete su Facebook venite analizzati e l’analisi porta ad elaborare schemi di inganno e di truffa per l’intera società. Se è solo per un rossetto, poco male, ma quando si tratta di costruire idee sociali aggressive per difendere interessi politici e sociali, allora il male entra nella devastazione dei principi fondamentali della Costituzione.
Entra nel circuito del pensiero religioso, sociale, economico ed etico della Religione Pagana!
05 dicembre 2010
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell’Anticristo
P.le Parmesan, 8
30175 – Marghera Venezia
Tel. 3277862784
e-mail claudiosimeoni@libero.it
La dinamica dei messaggi, le cascate di risposte, i “mi piace”, rappresentano segnali di un insieme emotivo che viene analizzato nelle espressioni dei bisogni soggettivi.
Ad esempio, gli appassionati di vino fanno i loro gruppi su Facebook esprimendo pareri sul vino, i vari vini, gli abboccati e le loro preferenze.
Un venditore di vino ne analizza i messaggi e mette insieme le caratteristiche che deve aver un vino per essere un vino di successo in quello ambiente che assume a campione della sua sperimentazione. Un gruppo numeroso su Facebook che superi i 500 iscritti è un gruppo significativo su cui testare qualunque tipo di vino e, per estensione, qualsiasi prodotto commerciale. Inoltre, lo stesso metodo è usato non solo per i prodotti commerciali, ma ogni oggetto, attorno al quale si forma un gruppo di opinioni. Ogni interesse attorno a cui si forma un gruppo è trattato come un prodotto: da una posizione politica ad una posizione religiosa che si sviluppano attraverso opinioni anche, e soprattutto, conflittuali. La conflittualità ha il privilegio di costringere i contendenti a mettere in campo tutte le loro opinioni per poter prevalere nei confronti di un avversario di opinioni opposte. Questo permette all’analista di accedere ad un grande bagaglio di espressioni verbali che veicolano tensioni emotive. Dati reali sui quali costruire progetti di intervento sul gruppo stesso.
Le tradizionali analisi statistiche non sono efficaci. Il gruppo di Facebook fornisce dati utilizzabili dalla statistica ben più omogenei. Il gruppo si forma attorno ad un’idea o ad un oggetto, sia per appoggiarla che per combatterla. Mentre la tradizionale raccolta dati di un’analisi statistica si basa su un campione di persone rappresentativo della popolazione e le opinioni di quelle persone sono risposte a domande, ma non esprimono né conflittualità né interesse soggettivo per l’oggetto della statistica al punto tale da poter mascherare opinioni o desideri in quanto la persona intervistata vuole mostrare sempre il meglio di sé anche quando le sue opinioni, nella realtà delle sue scelte più o meno immediate, rispondono a pulsioni e desideri dei quali si vergogna, nel gruppo i Facebook le risposte sono sempre legate all’oggetto del discutere o mirate ad aggredire chi discute dell’oggetto o per come ne discute.
Nel gruppo su Facebook la persona si maschera, ma non si maschera la sua opinione. Inizialmente Facebook vietava nomi falsi o di fantasia, ma poi ha rilevato che gli conveniva permettere alle persone di usare nomi falsi e di fantasia perché l’interesse di Facebook non stava nel nome, ma nell’opinione e l’opinione era tanto più significativa quanto più l’individuo poteva, nell’esprimerla, proteggere la propria identità. Almeno rispetto al suo interlocutore.
Facebook è diventata un’organizzazione per rubare le opinioni: sulle opinioni si confezionano prodotti da imporre o idee da imporre.
E’ sufficiente l’analisi del gruppo e delle sue opinioni attorno ad un oggetto, dopo di che si confeziona un oggetto che porti le persone nella direzione voluta e lo si confeziona prendendo spunto dalle opinioni più importanti, vincenti o guida, del gruppo stesso.
Vale per un vino che da troppo pastoso diventa semifrizzante (o viceversa) si tratta delle opinioni di un gruppo che da radicali diventano moderati al fine di aggregare persone attorno ad un’idea o ad un progetto personale fatto passare per un’idea.
L’analisi dei messaggi in Facebook permette alle aziende, partiti politici, gruppi di opinioni e quant’altro, di strutturare la propria maschera per ingannare e creare consenso.
Questo lo avevo già evidenziato nella mia esperienza. Fai un gruppo e improvvisamente appaiono persone che diffamano, offendono e creano delle “idee” o “millantano delle idee” che hanno lo scopo di creare un consenso, quasi sempre un consenso all’interno di vasi vuoti, proprio per impedire alle persone che frequentano Facebook di formulare delle idee o di mettere in moto il loro senso critico.
Mi ero spesso chiesto qual era il criterio con cui Facebook aggrediva le persone sospendendogli l’account e accusandole in spregio alle più elementari norme sociali.
L’azione non è dettata da norme sociali o di “giustizia” come noi le pensiamo, ma dagli interessi di controllo sociale delle persone.
L’interesse di Facebook è quello di “rubare le opinioni” e per farlo deve allontanare da Facebook chiunque innesti nei gruppi il senso critico che, mettendo in allarme l’attenzione dei frequentatori di Facebook, di fatto, altera l’opinione e rende inutilizzabili tutta una serie di messaggi. Un po’ come nel lavoro di statistica che si eliminano quelle percentuali estreme per costruire una madia.
La cosa era studiata già da tempo dalle università:
MARKETING
Così le aziende inseguonole tribù dei social network
Si chiama "netnografia" la nuova disciplina che studia gli utenti Facebook e Twitter con gli strumenti dell'antropologia. Individuando dinamiche e opinion leader del popolo web, i grandi marchi conquistano nuovi clienti
di PAOLO PONTONIERE
CAPIRE i gusti delle tribù del web, domandarsi come si orientano i clan dei social network, chi sono i suoi opinion leader e quali sono gli argomenti che usano per far prevalere il loro punto di vista. In una parola, comprendere come si sviluppa un'idea forte nell'era dell'internet. Può essere un mero esercizio intellettuale, oppure una mossa per fare un sacco di quattrini. Un esempio? La Campbell Soup, l'azienda produttrice di cibi in scatola resa famosa da Andy Warhol con 32 dipinti negli anni Sessanta: utilizzando una intelligente strategia internet, la ditta statunitense è riuscita a rendere i suoi prodotti popolari tra i giovani, un segmento del mercato nel quale non era riuscita a sfondare utilizzando le tecniche del marketing tradizionale, e a spingere il suo fatturato oltre la soglia degli 8 miliardi di dollari l'anno. Il suo segreto? La Netnografia, ovvero l'arte dell'applicazione degli strumenti tradizionali dell'antropologia culturale e dell'etnografia nell'analisi delle interazioni che avvengono sul web.
"Dall'avvento del commercio elettronico e degli acquisti online avevamo perso terreno", afferma Ciara O'Connell, una dirigente della casa statunitense. "Nel passato molti dei nostri clienti facevano riferimento alle nostre ricette per preparare la cena, ma con il popolo dei social network questo non avveniva più". Così i netnografi della Campbell hanno cominciato a studiare perché la gente si scambia le ricette, come, quando, chi orienta il gusto. "Le tecniche del marketing tradizionale non riuscivano a varcare nemmeno la soglia dei social network", ha aggiunto la O'Connell. "La netnografia al contrario ci ha dato la possibilità di studiare le interazioni che hanno luogo tra i consumatori in maniera diretta. Ci ha dato la possibilità di incanalare le esigenze dei nostri clienti in maniera vera ed emozionale".
Le analisi dei netnografi sono state così utilizzate per creare un sito web che in poco più di un mese è passato da 120 mila ad oltre 1 milione di visitatori mensili. Ad attrarli sono applicazioni come "Tips for busy cooks" (suggerimenti per cuochi indaffarati), "Portion Control", (il sorvegliante delle porzioni) e "Search by mood" (cerca ricette in base al tuo stato d'animo). La Campbell ha scoperto che i consumatori hanno un debole per lo scambio di suggerimenti su come usare le sue salse, come accoppiarle con formaggi e grissini e come combinarle con i prodotti di altre aziende.
E quello della Campbell non è un caso isolato. Ad usare la netnografia ci si sono messe anche la Coca-Cola, la American Express, la Adidas, la Bmw, la Swarovski e la Beiersdorf, per citare solo alcune delle maggiori aziende.
La Adidas, per esempio, ha usato la netnografia per studiare le abitudini dei collezionisti dei suoi modelli, riuscendo a creare nuove scarpe di successo. La Listerine, un'azienda statunitense che produce collutori per l'igiene orale, ha scoperto che molti utenti associano il colore dei suoi sciroppi con gli alieni e che altri trovano che il loro odore gli ricordi le case dei nonni. Uno studio delle parole usate dai clienti di Starbuck e di Pete's Coffee - le principali catene di caffè statunitensi - ha inoltre rilevato che questi tendono a sviluppare un proprio gergo, quasi che se si trattasse del linguaggio d'un paese straniero. Adesso le due aziende usano questo particolare vocabolario per stabilire un legame emotivo con i loro clienti abituali e per attrarre quelli della concorrenza. La Matchstick canadese, una delle maggiori distributrici di telefonini del paese, ha infine scoperto che alcuni blogger sono in grado di condizionare profondamente il discorso relativo ad un prodotto persuadendo altri ad adottare il loro punto di vista.
Sul fronte della netnografia non operano solo le grandi aziende, ma anche le più importanti istituzioni scientifiche. Gli antropologi dell'universo binario vengono da istituzioni come il Mit di Cambridge, la York University of Toronto e la Stanford University di Palo Alto. Alla York University, in particolare, insegna Robert V. Kozinets, ritenuto il padre della nuova disciplina e creatore della stessa parola "netnografia".
Dalla Stanford University, invece, è uscita probabilmente una delle creazioni più divertenti in materia: applicando i principi della netnografia alla tecnologia led, un gruppo di studenti è riuscito a creare una "World Mood Light", un cubo luminoso che muta colore a seconda dei sentimenti espressi dai post degli utenti di Twitter in tutto il mondo. La World Mood Light 1 cambia colore ed intensità a seconda dell'umore dei messaggi pubblicati sul social network. Più sono numerosi ed emotivi, più intensi diventano i colori: rosso per la rabbia, giallo per la felicità, blu per la tristezza, bianco per la rabbia, e così via.
Tra tutti i social network Twitter sembra essere emerso come il luogo prediletto dai netnografi per far galoppare la fantasia, perseguendo obiettivi che spaziano dalle inchieste commerciali a quelle di carattere investigativo e politico. Le varie applicazioni - Summarize, Tweetscan, Hashtags, Twitterverse, Tweetstats, Twittercensus e Xvision - seguono tutte l'evolversi del gusto e del pensiero degli utenti Twitter sulle maggiori questioni del momento. Diventando così anche strumento di analisi politica e giornalistica.
"La netnografia è stata tradizionalmente usata dai mareketers per creare fenomeni commerciali", afferma Mirco Mannucci, fondatore della Holomathics e creatore di Tweeteretica, uno di questi software. "Noi la applichiamo alla politica, all'analisi e all'inchiesta giornalistica, cercando di localizzarla quanto più possibile e di comprendere le sue relazioni con gli altri discorsi che si svolgono in rete e il suo livello di influenza". E così, mescolando la politica con il marketing e la matematica, e l'analisi comportamentale con internet, la netnografia sta gradualmente diventando la chiave di volta attraverso cui le aziende, i politici e i media riescono a decifrare e condizionare gli umori di una cittadinanza i cui interessi si posizionano sempre più spesso all'incrocio tra società reali e popolazioni che vivono in mondi intangibili.
(02 novembre 2010)
Tratto da:
http://www.repubblica.it/tecnologia/2010/11/02/news/netnografia-9645149/?ref=HRERO-1
Gli esperimenti radunando il popolo virtuale sono portati avanti da oltre 10 anni con i gruppi NG e con gli E-Groups, ma solo Facebook è riuscito a costruire una partecipazione attiva all’interno di un’illusoria libertà che Facebook sta alimentando nell’illusione eliminando i profili di tutte le menti critiche iscritte.
Tutti possono fare quello che vogliono, meno “tizio”, “caio” e “sempronio”, che vengono cancellati perché disturbano la raccolta dati.
A chi interessa se “caio” viene cancellato? Avrà fatto sicuramente qualche cosa di riprovevole: il padrone ha sempre ragione! Più semplicemente introduceva il concetto di critica. Mi ricorda Wikileaks. Wikileaks non fa nulla di male: svela ciò che qualcuno vorrebbe tener segreto. Non tanto perché la cosa è segreta, ma per non dare “pezze d’appoggio” a ciò che tutti sanno. Wikileaks è come il bambino che urla: “Il re è nudo!”. Al contrario, Facebook elabora gli inganni partendo dall’analisi delle predilezioni dei gruppi, sia quando si parla di un vino, di un formaggio, di idee politiche, sociali o religiose. Tutto diventa un prodotto da trattare attraverso l’analisi dei bisogni e dei desideri e tutto può essere, all’occorrenza, controllato o falsificato.
Il gruppo “Spostare il Vaticano in Groenlandia” è stato cancellato perché Facebook non riteneva opportuno dare voce a chi vive con sofferenza le attività criminali del Vaticano in Italia: le idee di quel gruppo non erano controllabili, non erano economicamente sfruttabili, l’analisi sociologica dei frequentatori ha dimostrato che erano portatrici di un livello di critica talmente elevato che Facebook non poteva controllare le idee dei frequentatori di quel gruppo.
Allo scopo esistono in Facebook torme di devastatori per le idee che non devono girare o che non devono aggregare. Sono i “devastatori” che, favoriti da Facebook, impediscono a chi frequenta l’ambiente di discutere e seminare. In questo, sicuramente il fondatore di Facebook trova molte affinità con Bush.
Qualunque cosa scrivete su Facebook venite analizzati e l’analisi porta ad elaborare schemi di inganno e di truffa per l’intera società. Se è solo per un rossetto, poco male, ma quando si tratta di costruire idee sociali aggressive per difendere interessi politici e sociali, allora il male entra nella devastazione dei principi fondamentali della Costituzione.
Entra nel circuito del pensiero religioso, sociale, economico ed etico della Religione Pagana!
05 dicembre 2010
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell’Anticristo
P.le Parmesan, 8
30175 – Marghera Venezia
Tel. 3277862784
e-mail claudiosimeoni@libero.it
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