martedì 5 ottobre 2010

L'ansia e l'abitare il mondo. Commento all'articolo di Matteo Nucci che intervista Lucio Della Seta


Sul giornale Il Venerdì di repubblica del 25 settembre 2010 è uscito un articolo a firma di Matteo Nucci in cui intervista lo psicologo Lucio Della Seta a proposito dell’ansia.
Nell’articolo si evidenziano due situazioni che meritano attenzione. Innanzi tutto la centralità del corpo negli stati ansiosi rispetto ad una “mente” e le soluzioni che Della Seta prospetta “contro” l’ansia.
Da questo articolo, il punto di partenza per capire il punto di vista di Della Seta è la frase: “L’ansia esiste da migliaia di anni, dunque stentiamo ad...”.
Questo tipo di approccio è l’errore fondamentale di tutti i creazionisti.
L’ansia è uno stato emotivo che al di là del corpo che la manifesta (per cui delle diverse destrutturazioni dell’apparato neurovegetativo) esiste negli esseri viventi fin dal primo vivente almeno un miliardo di anni or sono (poi i conti fateli voi). Nel senso che l’ansia fa parte di quella fascia di emozioni che hanno generato la vita. Le emozioni che hanno caratterizzato ciò che noi nella Natura chiamiamo vita in contrapposizione a ciò che definiamo inanimato.
Parlare di “qualche migliaio di anni” significa parlare di una situazione molto recente nella storia evolutiva e conchiudere il problema dell’ansia ad un modello sociale proprio del creazionista. Infatti, Della Seta, in questo articolo è come se dicesse: “L’uomo è un modello creato da dio, l’ansia gli serviva qualche migliaio di anni fa, ma ora che siamo civili dobbiamo trattare l’ansia come una malattia, un dolore e ricondurre l’uomo al modello originario della creazione”.
L’ansia è una manifestazione del corpo che abita il mondo e il corpo che abita il mondo usa l’ansia per abitare al meglio il mondo in cui vive. Che poi il mondo, in cui quel corpo vive venga distorto, al punto tale che quel corpo non è in grado di costruire l’assonanza fra segnali esterni e risposte d’ansia con cui modificare la propria struttura neurovegetativa, questo è un altro discorso. Togliere l’ansia significa togliere la capacità di un corpo di abitare il mondo. Equivale a lobotomizzare il corpo.

Se Della Seta prende una persona adulta e intende debellare dei sensi di colpa che questa persona vive con grande sofferenza, Della Seta ha fallito in partenza. Perché? Perché non esiste un modello di uomo al quale costringere una persona. Il senso di colpa è un’arma di difesa costruita dal soggetto nella primissima infanzia e imposta alla veicolazione delle sue emozioni nel mondo e alla risposta soggettiva che egli da alla sua stessa veicolazione delle emozioni. Dal momento che Della Seta non può riportare il soggetto nell’età fetale, destrutturare i suoi adattamenti emotivi alle risposte oggettive mentre stava nella pancia della madre, ne consegue che l’unica cosa che può fare la psicanalisi o la psichiatria è quella di portare il soggetto a gestire i suoi sensi di colpa, ma non a rimuoverli. Non esiste la rimozione della percezione profonda del nostro essere nel mondo perché il nostro essere nel mondo è una destrutturazione costante del nostro apparato neurovegetativo che coinvolge la struttura stessa delle possibilità di emozionarci, cioè di essere nel mondo.
Fin da quando siamo nella pancia della madre al feto viene insegnato “come può emozionarsi nel mondo in cui nascerà”. Una volta nato in quelle possibilità risponderà al mondo ed affinerà la sua capacità di risposta alle sollecitazioni del mondo in base ai segnali che l’ambiente, la madre in primis, gli invierà in forma non verbale (essenzialmente azioni combinata da sfoghi emotivi).
L’ansia è uno stato psichico di attesa per l’evento. Un evento che può essere immaginato, ma l’immaginazione dell’evento deriva dalla capacità di percezione ed elaborazione del percepito del soggetto stesso. La capacità di percepire il mondo e la capacità di elaborare i segnali percepiti (considerati sia dalla ragione che dalla struttura neurovegetativa complessiva dell’individuo) genera ansia anche quando un soggetto diverso da chi prova ansia non coglie i segnali che possono generare ansia in lui. La percezione del mondo in cui viviamo è una percezione soggettiva e non ha dati oggettivi come, invece, pretende il creazionismo che Della Seta riproduce.
Si può agire sul corpo solo per mettere l’ansia al servizio dell’individuo, ma si deve agire nella primissima infanzia; fin da quando l’individuo è nella pancia della madre. E dal momento che non è possibile agire sulla madre in gestazione, è possibile modificare l’ambiente in cui i soggetti vivono in modo che le madri (intese come massa e insieme) possano avere delle risposte diverse ai segnali ambientali (sociali) e trasmettere al feto un imprinting diverso nel quale veicolare le sue emozioni nel mondo e, di conseguenza, percepire il mondo in maniera diversa.
Riporto l’articolo di Matteo Nucci:


Ansia
Ho lavorato una vita per capirla e ora so che è una questione di carne

Gli psicoterapeuti da sempre, hanno cercato di curare il disagio partendo dai pensieri che lo provocano. Anche Lucio della Seta, che però, dopo mezzo secolo di studi, è arrivato ad una conclusione opposta.
Di Matteo Nucci


Cinque anni fa Lucio Della Seta diede alle stampe un libro molto fortunato Debellare il senso di colpa. Contro l’ansia, contro la sofferenza psichica, pubblicato da Marsilio (pp. 175, euro 12), incontrò i gusti di un pubblico ben più ampio di quello degli specialisti e dei diretti interessati, tanto che oggi in libreria è facile trovarlo dietro fascette che ne gridano la nona edizione. La lingua chiara, le immagini nitide e i pensieri scorrevoli accompagnano il lettore dentro agli oscuri funzionamenti della psiche, per spingere alla rimozione di uno dei più comuni fra i fardelli che ci portiamo appresso e che a volte ci segnano inesorabilmente: il senso di colpa. Non rinnego nulla di quelle teorie, oggi, Della Seta. Ma si prepara a pubblicare per Mondadori un libro in cui tenterà di risolvere il problema alla radice. “Le psicoterapie un giorno diventeranno inutili” dice lo psicoterapeuta che per venticinque anni ha lavorato in équipe con i neuropsichiatrici dell’Istituto Santa Rita di Roma. “Non che sia inutile curare l’origine delle idee che provocano l’ansia e il panico, come facevo in Debellare il senso di colpa. Ma è molto più semplice sradicare ciò che genera l’ansia a livello materiale, fisico, curando dunque il corpo e non la mente”. Si deve procedere con cautela nella selva di complessità e luoghi comuni, rimozioni difficili da estirpare e deduzioni scientifiche che faticano ad affermarsi nella coscienza collettiva. Ottantacinque anni, le mani che si muovono tra i fogli, Della Seta non ha alcuna fretta. Apre fascicoli, mostra mappe, appunti, e soprattutto indica il disegno di un corpo umano, perché “tutto sta lì, altro che nella psiche”.

Cominciamo a capire che cosa sia l’ansia.

Si tratta di un’emozione. Assolutamente analoga alla paura. Solo che la paura è generata da qualcosa realmente esistente e l’ansia no. Quel che più importa, però, è che, come qualsiasi altra emozione, essa nasce nel corpo. Un dato di fatto che tuttavia è oggetto di una enorme rimozione collettiva.


Gli studiosi discordano?

Apparentemente no. Nei libri di fisiologia si legge chiaramente che prima vengono le reazioni fisiche e solo dopo viene l’emozione. Però il fatto che un’emozione sia radicata nel corpo disturba.

Perché l’emozione è considerata uno stato dell’animo.

Certo. Solo che l’animo non esiste e il corpo sì. Le cose sono molto semplici. Prima batte il cuore e dopo viene l’emozione. La reazione corporea viene percepita dalla coscienza che emette l’emozione. Però si ha l’idea che l’emozione perda di sacralità se viene legata al corpo.

Ci spieghi allora che cosa succede nel corpo, prima che si provi l’emozione dell’ansia.

Sono esattamente le stesse cose che capitano quando si prova l’emozione che chiamiamo paura. E’ quella che possiamo definire “reazione d’emergenza”. Una goccia di adrenalina parte dalle ghiandole surrenali, allarga i bronchi creando un vuoto in cui l’aria precipita, l’ossigeno entra nel sangue in gran quantità e il cuore inizia a pompare con fora per far circolare il sangue ossigenato. Sono i primi movimenti di una specie di tempesta che ha una spiegazione molto semplice”.

Ossia?

Il corpo si prepara in una frazione di secondo alla fuga o, in seconda istanza, alla lotta. E’ un sistema di difesa elaborato dal nostro organismo che ha una finalità chiara: dare energia. Pensi ai movimenti dell’intestino – un’altra delle forme in cui si manifesta la reazione d’emergenza. La digestione si blocca, perché non si possono disperdere energie. L’intestino si libera per eliminare qualsiasi peso che ostacoli la fuga..

Una reazione talmente nota che è entrata nel gergo volgare: farsela addosso...

Esatto. Ora però la questione è un’altra: quando un corpo reagisce ad una situazione di pericolo esistente, noi non proviamo ansia. Se ci troviamo di fronte ad un aggressore, fuggiamo e quel che il corpo ha preparato per noi ha un’utilità effettiva. Quando invece il pericolo non c’è, tutta questa tempesta neurovegetativa ci investe portandoci soltanto sensazioni sgradevoli, al limite della distruttività. La dilatazione dei bronchi la viviamo come una grave sensazione di soffocamento, l’aumento del ritmo cardiaco è la tachicardia che ci spinge alla sensazione di morte imminente e così via.

L’ansia, appunto.

Una parola che in definitiva nasce proprio da questa sensazione fisica di soffocamento. Sono convinto che abbia un’origine onomatopeica. In moltissime lingue il prefisso è lo stesso: ang- . Non c’è altra spiegazione: deriva dal suono che si emette nel momento in cui i bronchi si dilatano e noi abbiamo sete di aria.

Ma il problema, come diceva nel suo libro precedente, non sta in quello che viene chiamato “pensiero di pericolo”, ossia il pensiero che suscita la reazione di paura?

Certo. Ma curare il pensiero di pericolo non è affatto semplice. Nei miei cinquanta anni di psicoterapia sono riuscito completamente solo in due casi. Credo che invece curare il corpo sia davvero risolutivo.

Dunque la soluzione sta nel mettere a punto i farmaci giusti? Non è una sconfitta?

In parte sì, indubbiamente. Ma ci dev’essere anche una presa di coscienza culturale. L’ansia si potrà curare come una qualsiasi altra malattia, un dolore reumatico, ad esempio, e già solo la consapevolezza di questa potrà aiutare ad alleggerire il problema da soli. Se io so che cosa accade nel mio corpo e ne conosco le origini, posso trovare più facilmente strumenti di controllo alle mie reazioni.

E con ciò sarà davvero la fine delle psicoterapie?

Credo proprio di sì. Penso che un mondo senza ansia porti conseguenze gigantesche, di cui non possiamo ancora renderci conto. L’ansia esiste da migliaia di anni, dunque stentiamo ad immaginare che si possa sradicare. Ma ci dimentichiamo che nel corso dell’evoluzione l’essere umano ha preso tante forme diverse e tante altre ne prenderà.

Non le fa impressione? Lei era uno junghiano. E adesso?

Adesso non sono più nulla. Ne ho viste di tutti i colori. La mia consapevolezza dei problemi è cambiata nel tempo. Mi ricordo il primo paziente. Arrivò dicendomi che lavorava in banca dove tutti erano o fascisti o comunisti e siccome lui era di centro veniva perseguitato. Gli spiegai razionalmente come stavano le cose e lui se ne andò apparentemente tranquillo. Quando tornò mi disse: “Grazie dottore”. Io ebbi un moto di soddisfazione per essere riuscito ad aiutarlo. Ma lui continuò: “Dopo quello che mi ha detto sto molto meglio e quando torno a casa i canarini mi sorridono”...

Articolo di Matteo Nucci
Tratto dal giornale Il Venerdì di Repubblica del 25 settembre 2010
E’ indubbio che l’azione farmacologica, rispetto ad un individuo sofferente d’ansia e incapace di gestire la propria vita, può avere degli effetti funzionali. Ma qui non si tratta di affrontare casi clinici di persone debilitate, si tratta di parlare dell’ansia e del ruolo dell’ansia nella vita e nella crescita dell’individuo.
L’ansia è uno strumento psico-emotivo di cui l’individuo si serve per affrontare la propria esistenza. E’ manifestazione di un corpo che percepisce il mondo in cui vive. La percezione del mondo da parte del corpo è l’elemento centrale degli effetti dell’ansia.
Della Seta dice che c’è una predisposizione del corpo che genera la situazione d’ansia che è una preparazione del soggetto all’azione. Solo che la preparazione del corpo ad agire è messa in atto dal corpo nel momento stesso in cui il corpo percepisce il mondo ed elabora la propria percezione del mondo al di là che la ragione ne sia cosciente o meno. Se non si modifica la percezione del mondo che ne ha il corpo che lo abita, allora segnali assolutamente irrilevanti, dal punto di vista razionale, inviati a quel corpo dal mondo, appaiono a quel corpo, dal punto di vista emotivo, segnali di una distruzione imminente e quel corpo di prepara all’azione. Poi, il giudice esterno rileva uno stato d’ansia ingiustificato rispetto ad una sua valutazione dell’oggettività, ma è un suo giudizio che parte da una diversa percezione soggettiva della realtà e da una diversa predisposizione, costruita fin dall’infanzia, rispetto al suo essere nel mondo. E’ lo psicoanalista che è malato, non l’individuo ansioso. Lo psicoanalista è malato di “irresponsabilità”, cioè di mancanza di percezione del suo essere nel mondo e l’individuo ansioso, che non sa gestire l’ansia, è malato di ipersensibilità ai segnali del mondo che ne attivano, attraverso la percezione del suo corpo, lo stato d’ansia.
Un mondo senza ansia è uno mondo di zombi.
Ne è un esempio ciò che dice Della Seta a proposito del suo primo paziente: un uomo di centro fra fascisti e comunisti a cui i canarini sorridevano. Lui gli ha parlato. Si è dimenticato di chiedergli se sul suo posto di lavoro fascisti e comunisti si contrapponessero sulla teoria del plusvalore o dello stato centrale rispetto ai cittadini, si è dimenticato di entrare nel merito dell’essere comunisti o fascisti. Si è dimenticato di scindere la “tifoseria emotiva” dalla contrapposizione razionale di essere fascisti e comunisti. Ha ridotto il tutto ad una forma di razionalità. Dimenticandosi di questo a questa persona “di centro” non è rimasto altro che identificare la sua “tifoseria di centro” col dio padrone che gli sorrideva attraverso i canarini e gli diceva “Tu hai ragione, gli altri, comunisti e fascisti, sono stupidi!”.
E’ un classico degli effetti della psicanalisi.

05 ottobre 2010

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Claudio Simeoni
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