"Preghiera e sottomissione.
Nella preghiera l’uomo si umilia al dio padrone.
Con la preghiera l’uomo si chiude al futuro.
Con la preghiera il cristiano umilia la società civile."
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Si tratta del commento al 33° paragrafo dell'Enciclica Spe Salvi che ho appena messo in rete all'indirizzo:
Contiene, fra l'altro:
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"E così Paolo di Tarso indugia in una modestia “Non che abbia già conseguito il premio o raggiunto ormai la perfezione....”, salvo continuare, smentendo i suoi finti sentimenti di umiltà:
“Noi tutti, che siamo dei perfetti, dobbiamo avere questi sentimenti...” e se non siete d’accordo, ci pensa il dio padrone ad illuminarvi!
Nella citazione di Ratzinger distinguiamo il reale, la miseria sociale sollecitata per costringere le persone alla fede, e il patologico, l’illusorio, la speranza di ciò che deve venire come premio alla costruzione della miseria. Come nelle religioni colonialiste del !cargo” in cui le persone erano indotte a distruggere il loro presente (abbattere il bestiame, distruggere le barche da pesca, ecc.) perché di li a poco sarebbe arrivato il cristo Gesù di turno a portare loro tanta ricchezza: la miseria costruita è l’elemento reale, l’aspettativa è l’elemento patologico!In questo contesto Ratzinger afferma, dando una forma alla patologia dell’attesa:
“« Supponi che Dio ti voglia riempire di miele [simbolo della tenerezza di Dio e della sua bontà]. Se tu, però, sei pieno di aceto, dove metterai il miele? »”
Cominciamo a dire che l’aceto era un cibo molto in uso, specialmente fra le classi sociali più povere. Avere aceto significava poter vivere ed agire in funzione di un possibile domani.
Supponi che “le montagne diventassero di polenta e i mari “de tocio””, se hai la pancia piena, come farai a mangiare tanta abbondanza che “dio” ti manda?
Se tu vivi nel benessere, dove metterai il benessere che dio ti manda?
Il problema vero è che il benessere di oggi è un dato reale, fattivo; ciò che verrà è indotto mediante suggestione.
Una suggestione che induce a COSTRUIRE LA MISERIA SOCIALE (voglio sottolineare che la miseria sociale è costruita e progettata in tutte le sue forme e non è né un dato casuale, né una condizione normale dell’esistenza sociale!) attraverso la rinuncia del benessere reale (che in sua presenza può e deve essere esteso ad altre persone) quotidiano in una dimensione di sospensione psichica dell’individuo.
Scrive Umberto Galimberti nel Dizionario di Psicologia alla voce Attesa:
“E. Minkowski individua nell’attesa il contrario dell’attività: “Il fenomeno vitale che si contrappone all’attività, pur essendo situato sul suo stesso piano, non è come ragione vorrebbe la passività, bensì l’attesa [...]. Nell’attività tendiamo verso l’avvenire, nell’attesa, invece, viviamo per così dire il tempo in senso inverso; vediamo l’avvenire venire verso di noi e attendiamo che questo avvenire divenga presente” (1933, p. 88-89). Per questo l’attesa è ansiosa. Le ansie dei primitivi, così come quelle dei psicotici, sono spesso connesse a quelle che V. E. Frankl chiama “ansia d’attesa” (angoscia) che sospende l’attività in cui abitualmente si esprime la vita. Da qui il suo carattere penoso che non ha il suo opposto nell’attesa gradevole, ma nell’attività che è in grado di esprimere in una temporalità che non ci sorprende.”
L’aceto, per allora, era il cibo che ho mangiato e che mi permette di agire nel presente per un futuro; l’attesa del miele è il desiderio prodotto dall’angoscia per non aver agito nel presente in funzione dell’aceto. Dove la questione centrale consiste nell’impedire alle persone di mangiarsi l’aceto, godere del benessere nel presente, costringendole nell’attesa di un maggior benessere futuro fornito da un immaginario dio padrone.
Pregare per rinnovare l’angoscia nel presente.
Dice Ratzinger:
“Il vaso, cioè il cuore, deve prima essere allargato e poi pulito: liberato dall'aceto e dal suo sapore. Ciò richiede lavoro, costa dolore, ma solo così si realizza l'adattamento a ciò a cui siamo destinati. Anche se Agostino parla direttamente solo della ricettività per Dio, appare tuttavia chiaro che l'uomo, in questo lavoro col quale si libera dall'aceto e dal sapore dell'aceto, non diventa solo libero per Dio, ma appunto si apre anche agli altri. Solo diventando figli di Dio, infatti, possiamo stare con il nostro Padre comune.”
Ratzinger deve impedire l’azione dell’uomo. L’agire dell’uomo nel suo presente, per Ratzinger, è una cosa da disprezzare. Dell’aceto Ratzinger non vede il cibo degli uomini nel momento in cui il sapore acido dell’aceto era considerato inferiore al sapore del miele che indicava ricchezza. Dell’aceto Ratzinger coglie soltanto il disprezzo della degenerazione nei confronti di una perfezione emanata dal suo dio padrone. Solo che l’attribuzione è arbitraria e ha il solo scopo di impedire all’Essere Umano di ergersi a “DIO” davanti al suo dio padrone e di rivendicare diritti e potere al suo dio padrone.
E questo, Ratzinger, lo ottiene mediante il meccanismo della suggestione.
Una suggestione che è possibile soltanto se l’uomo ha rinunciato al proprio benessere nel proprio quotidiano; al suo aceto!
Scrive Umberto Galimberti nel suo Dizionario di Psicologia alla parola Suggestione:
“Accettazione acritica di un’opinione, di un’idea, di un comportamento che nasce o dal soggetto stesso (autosuggestione) o dall’influenza di altri (eterosuggestione). La suggestione ha un meccanismo ideativo-motorio simile all’imitazione tipica dei bambini nei confronti degli adulti e svolge un ruolo importante nelle relazioni interpersonali.”
Agisce sempre sui meccanismi infantili fissandoli in età adulta e veicolandoli in forme di dipendenza diverse e, solo apparentemente, più “evolute” (socialmente accettate).Attraverso la suggestione Ratzinger induce i bambini a sospendere l’attività che costruisce la loro vita per sostituirla con l’attesa angosciosa di un avvenire illusorio in cui costringono le loro pulsioni vitali.
Il lavoro che Ratzinger impone non è quello dell’attività che costruisce il futuro, ma è quello che costruisce ostacoli attraverso i quali impedire la veicolazione delle pulsioni vitali nella realtà quotidiana. Attraverso gli imperativi morali che l’individuo impone a sé stesso per attendere, secondo Ratzinger, si predispone l’individuo affinché faccia della fede speranza in ciò per cui ha distrutto.E qui abbiamo l’esaltazione del dolore da parte di Ratzinger. Il dolore che viene imposto alle persone affinché si predispongano alla ricettività del suo dio padrone. Un dolore che, imposto socialmente mediante la miseria sociale e morale, si traduce nella psiche dell’individuo attraverso dictat morali che ne impediscono la normale attività quotidiana.
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Continua all'indirizzo:
Claudio Simeoni
Meccanico
Apprendista Stregone
Guardiano dell'Anticristo
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